di Andrea Cionci
Esercizio di fantasia: la regina Elisabetta lascia il trono in favore del principe Carlo, ma, dopo qualche tempo, un esperto di diritto della Casa reale scopre che, sull’atto di abdicazione, pieno di strafalcioni grammaticali ed errori giuridici, c’è scritto che la Regina, in realtà, ha rinunciato a esercitare materialmente il potere, ma non ha rinunciato alla Corona. Non per nulla, Elisabetta, chiusa in un’ala di Buckingam Palace, continua a indossare il diadema, il manto regale e a comportarsi come se fosse ancora la sovrana. Subito, una parte dei sudditi accusa re Charles di aver forzosamente “licenziato” la madre che, astutamente, avrebbe scritto un’abdicazione fasulla.
Sarebbe il caso giornalistico del secolo, no? Un giallo terribilmente appassionante sul quale talk show di tutto il mondo si getterebbero avidamente.
Invece, nel nostro bel Paese, forse assopito dal solicello di un giugno clemente, un caso analogo – che configurerebbe il colpo di stato più grave degli ultimi 2000 anni, stavolta ai danni di un papa, (anzi due) – è stato accolto in modo molto diverso, sia dagli interessati, che dai media.
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